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Grande Kao

Thursday, February 10th, 2011
 
 
.– Ma come?! Com’? che fanno a starci tutti questi pensieri nella mia testa?! – mormor? la nipote di Grande Kao

0. Introduzione

Di domenica, dopo colazione, se il tempo era decente, Boris Borisovich, Mikhail Mikhailovich e Grande Kao s’incontravano ai giardini pubblici.
Grande Kao si accendeva un sigaro. Mikhail Mikhailovich e Boris Borisovich buttavano le briciole ai passerotti.
Amavano tacere. Amavano anche parlare. Boris Borisovich parlava sempre di calcio e del beau monde letterario del secolo scorso, Mikhail Mikhailovich di formaggi stagionati e di lambrusco emiliano, Grande Kao si interessava di politica e di previsioni del tempo a lungo termine.
Quando si avvicinava l’ora del pranzo, si alzavano, si inchinavano l’un l’altro togliendosi i cappelli. Poi se li rimettevano e, a passo lento, si incamminavano verso casa.


1. Primo episodio

Grande Kao faceva il pilota alle Poste. Come previsto dal regolamento, si inventariava a suo carico un aeroplano di servizio. Uno piccolo, giallo, che sembrava uno scaffale montato male. Di notte Grande Kao lo chiudeva in garage nel cortile posteriore. Alla mattina, dopo essersi lavato i denti, apriva il garage, si arrampicava ancora assonnato fino alla cabina di comando, si infilava gli occhiali tondi, il berretto di pelle e i guanti svasati e poi, come polvere lunare, si gettava oltre la spalla la sciarpa di seta bianca. Dopo aver fatto tossire un po’ il motore, volava fuori dal garage. Spiccava il volo puntando l’aereo dritto verso l’alto e saliva cos? finch? i pensieri non gli si mettevano a posto. Il mondo oltre le nuvole era pi? fresco e pi? sonoro.
Lass?, tra stelle e nuvole, accecato dal risveglio del sole, ghiacciato fin dentro alle ossa, Grande Kao metteva l’aereo in linea orizzontale, si accendeva senza fretta un sigaro, apriva il suo thermos da due litri e si beveva una tazzina di caff?. Poi spalancava il portello sul pavimento della cabina di comando e versava gi? il resto. Se in quel momento di sotto pioveva, la gente non si accorgeva di niente. Se invece non pioveva, la gente diceva ” Guarda. Piove.”
E sollevava il bavero.

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2. La cortesia di Michail Michailovich

Michail Michailovich non correva mai da nessuna parte. E quindi tardava sempre dappertutto
– La puntualit? ? la cortesia dei re, – diceva lui per tranquillizzare amici e conoscenti, irritati da quell’attesa infinita. – E io invece, guardatemi! Ma vi sembra?! Che razza di re sono, io?
Amici e conoscenti guardavano e annuivano compassionevoli. In effetti, Michail Michailovich non solo non assomigliava affatto a un re, ma neanche a una persona seppur minimamente dignitosa.
– Abbiamo il dovere di aiutare Michail Michailovich, – si dicevano l’un l’altro amici e conoscenti.
Lo facevano sedere a capotavola, gli offrivano il bortsch con la panna acida. E lui tirava fuori dalla tasca una corona di carta, se la metteva in testa e rideva, di una risata stridente. Amici e conoscenti non sapevano come reagire. E facevano finta di niente.

3. Alla finestra

Boris Borisovich stava appoggiato al davanzale. Attraverso la finestra, spalancata al bel tempo, guardava il fluire della vita che scorreva sul viale. Improvvisamente, l?, nel fluire della vita, vide zampettare in fila indiana sollevando alte le ginocchia, in sgargianti braghette sportive, due amici. Michail Michailovich correva davanti. Subito dietro di lui veniva Grande Kao. Boris Borisovich si copr? gli occhi con le mani. Cont? fino a cinque. Spost? le mani. Guard? fuori dalla finestra. La vita continuava a fluire. Di amici neanche l’ombra.
– Un miraggio… – sospir? Boris Borisovich e and? a farsi il caff?.

to be continued (once)

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Traduzione di Caterina Garau